Segui l’arte del kintsugi: con questi 5 consigli la tua vita migliorerà radicalmente

Una pratica giapponese risalente a 400 anni fa potrebbe darci la chiave per una svolta nella nostra vita: ecco come.

Trarre il meglio da una brutta situazione è una grande abilità, ma a volte può rivelarsi complicato metterla in pratica. Un aiuto fondamentale, in questo senso, può giungere da una tecnica giapponese vecchia di quattro secoli: una vera e propria tattica di resilienza che permette di sfruttare a proprio vantaggio ogni cosa che va storta.

Cos'è il kintsugi
Il kintsugi è l’arte di essere felici di ciò che si ha, imperfezioni comprese (Openstyle.it)

Nota come kintsugi, questa tecnica prende spunto dall’arte di riparare le ceramiche rotte: le crepe vengono riempite con oro liquido per esaltare i difetti, anziché nasconderli. Ebbene, a quanto pare possiamo applicare i suoi principi anche a noi stessi e agli altri.

Bonnie Kemske, autrice di Kintsugi: The Poetic Mend, dice che molti di noi “sentono un travolgente senso di competizione per essere i migliori, per essere perfetti in tutto ciò che facciamo e per aspettarci lo stesso dagli altri”. Mentre “il kintsugi ci mostra un modo per riconoscere le imperfezioni negli oggetti e in noi stessi e valorizzarle”. Basta seguire alcune regole ben precise.

I segreti del kintsugi e come applicarli nella nostra vita

L’idea di fondo è che la riparazione sia qualcosa di cui possiamo e dobbiamo essere orgogliosi, non da nascondere. Ma dobbiamo sanare il danno con una cura così amorevole da far diventare quel che si era rotto ancora più bello, più interessante e più prezioso. Come si fa, nel concreto? Di seguito le “istruzioni per l’uso”.

Come funziona il kintsugi
L’aver riparato qualcosa che era rotto dovrebbe renderci orgogliosi di noi stessi (Openstyle.it)
  1. Riparazione. Ripariamo tutto ciò che possiamo in noi stessi, nelle nostre relazioni e nelle nostre comunità attraverso l’accettazione, il perdono e la correzione attiva. Le cose non saranno mai “come nuove”: puntiamo a versioni inedite, migliori e più forti.
  2. Accettare di avercela fatta. Apprezziamo che c’è bellezza nel sopravvivere alle dure esperienze della vita, anche senza il bisogno di capire tutto.
  3. Apprezzare ciò che si ha. Coltiviamo una mentalità riconoscente per smettere di lottare per il meglio, il nuovo o il diverso.
  4. Vivere il momento. Assaporiamo ogni attimo piacevole, anche attraverso la condivisione di ricordi e storie con altre persone. Questo aggiunge valore ai bei momenti, ma ci impone di rallentare, riflettere e socializzare.
  5. Sapere che non tutto può essere risolto. Accettiamo che tutte le nostre vite includono imperfezioni, difficoltà e dolore. Non c’è modo di evitarlo, né dovremmo volerlo.

Morale: il kintsugi significa essere felici di ciò che abbiamo, imperfezioni comprese. Bisogna considerare quali aspetti della nostra vita sono già abbastanza buoni e concentrarsi sul mantenimento di standard adeguati. Ardua impresa, ma non è mai troppo tardi per provarci…

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